“Dio è morto, Marx è morto, e neanch’io mi sento troppo bene”. La battuta di Woody Allen ci fa ancora sorridere, ma – almeno per quanto riguarda il primo dei tre pazienti – le cose sembrano avere preso un corso nuovo e inaspettato.
Previsioni errate
Oggi, infatti, le battute e le discussioni sulla fine della religione causata dalla secolarizzazione e dalla modernizzazione, non colgono più nel segno. In un mondo che pure è dominato dalla scienza e dalla tecnologia, le religioni hanno recuperato le prime pagine dei media, fanno audience e riempiono le piazze. Tanto che c’è chi, come lo studioso francese Gilles Kepel, parla apertamente di una “rivincita di Dio”.
Di cosa stiamo parlando?
Quando diciamo che c’è un ritorno della religione, bisogna ovviamente specificare di quale religione stiamo parlando. E in che forma. E allora dobbiamo dire che non sono le istituzioni religiose storiche quelle che si stanno riprendendo. Come confermato anche dalle recenti statistiche riguardanti il nostro paese, le Chiese cristiane cattolica e riformate sono in crisi, registrano un esodo costante di membri, vedono le proprie fila assottigliarsi di anno in anno. Si tratta peraltro di un fenomeno che riguarda buona parte dell’Europa occidentale.
Il Dio che ritorna
No, il Dio che rialza la testa e il cui verbo risuona con forza crescente è, da un lato, quello fondamentalista – dall’Iran degli ayatollah alla Nigeria di Boko Haram, dall’India induista del primo ministro Narendra Modi al suprematismo bianco di marca evangelicale e trumpiana negli Stati Uniti, all’intransigenza ortodossa di Kirill, agli atteggiamenti intransigenti e aggressivi di marca cattolica ed ebraica – e, dall’altro, quello nebuloso e indefinito della spiritualità diffusa, erede della new-age.
Cambia la geografia religiosa
Se poi vogliamo andare a vedere dove Dio è in crisi, e dove invece non lo è, ci troviamo di fronte a un’ulteriore sorpresa. Limitandoci al cristianesimo, notiamo che il suo baricentro si è spostato, negli ultimi decenni, nella parte meridionale del globo. Come sottolineato dallo studioso cattolico Brunetto Salvarani, intervenuto venerdì sera a Poschiavo, mentre al termine della Seconda guerra mondiale i paesi con la maggiore popolazione cattolica erano Italia, Francia e Germania, oggi la statistica colloca ai primi posti Messico, Brasile, Stati Uniti e Filippine. Discorso simile vale anche per il protestantesimo, che vede una crescita tumultuosa in Africa, oltre che in Sudamerica e in Estremo Oriente.
Profilo di una nuova epoca
A completare il quadro, possiamo affermare che non ci troviamo solamente in un’epoca di cambiamenti, bensì, come ha affermato papa Francesco, di fronte a un cambiamento d’epoca. La caratteristica di questa nuova epoca è quella del pluralismo delle fedi. Un pluralismo che richiede di essere riconosciuto e accettato, e prima ancora conosciuto. E qui però si scoprono gravi lacune: non solo conosciamo poco e male gli altri, ma sono scarse le nozioni relative alle varie forme confessionali del cristianesimo e poco aggiornate anche quelle relative al “grande codice” della Bibbia.
La santa ignoranza
Alle nostre latitudini, uno dei problemi maggiori è costituito da quella che il politologo Olivier Roy ha definito la “santa ignoranza”, e cioè il fatto che a fronte di una crescita della complessità e pluralità del mondo delle fedi, la conoscenza del fatto religioso, nelle sue varie espressioni, è scarsa. Ma come poter capire e interpretare la realtà in cui viviamo senza questi strumenti? Come muoversi nella letteratura e come capire i riferimenti artistici e architettonici che ci circondano, come comprendere gran parte della storia della musica e della filosofia, senza conoscenze bibliche? Come comprendere la situazione geopolitica attuale, senza essere consapevoli della storia e delle dinamiche interne delle grandi religioni?
Unità nella diversità
Per vivere coscientemente il nostro presente, affrontare i processi di mescolamento dei popoli e delle culture, capire anche il nostro vicino di casa dall’appartenenza religiosa diversa dalla nostra, è necessario conoscere di più e meglio non solo il cristianesimo, ma anche le religioni non cristiane, cercando di evitare pregiudizi e semplificazioni. Non sarà un cammino facile, perché richiede una certa disponibilità all’ascolto delle ragioni degli altri e al superamento di molti pregiudizi, una conoscenza diretta, una buona informazione e la volontà di coltivare lo scambio interpersonale. Tutto questo per raggiungere l’obiettivo di una “convivialità delle differenze”.