(Marco 10,17-23)
Sermone del 15.06.2025
Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: “Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre”». Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù».
Gesù, guardatolo, l’amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va’, vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni.
Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!». (Marco 10,17-23)
Un tale, un uomo ricco, va da Gesù per chiedergli cosa debba fare per vivere una vita giusta e gradita a Dio. Gesù gli risponde citandogli alcuni comandamenti. Il ricco però insiste, dicendo che questa indicazione non è sufficiente per sapere come vivere una vita giusta. Allora Gesù gli dice: “Vai a vendere tutto quello che possiedi e i soldi che ricavi dalli ai poveri…poi vieni e seguimi”.
Vendere i propri beni e dare ai poveri i soldi ricavati dalla vendita. Questa indicazione di Gesù è forse più attuale e comprensibile oggi, per noi, gente del ventesimo secolo, che non per i contemporanei di Gesù. Oggi il problema della fame è sotto gli occhi di tutti, il problema della povertà è sotto gli occhi di tutti. Da ogni parte del globo ci giungono notizie, in continuazione, dettagliate, precise. E sappiamo quanto sia ricco il mondo al quale apparteniamo, e quanto sia ingiusta la distribuzione delle risorse e dei beni: quasi tutto è nelle mani di pochi, mentre molti si devono accontentare di quasi niente. L’appello di Gesù è più che mai attuale e la sua applicazione è più che mai urgente. Ridistribuire le risorse e i beni, dare a chi non ha, sviluppare un mercato solidale ed equo, abolire lo sfruttamento, farla finita con la logica in base alla quale chi è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero diventa sempre più povero.
E imparare a vedere che anche nelle società ricche, com’è quella in cui viviamo noi, sta crescendo il numero di coloro che fanno fatica a tirare avanti, che guardano con ansia al modo di arrivare fino alla fine del mese, che anche nelle società del benessere e del consumo apparentemente illimitati esiste la povertà.
Questo è sicuramente un aspetto importante sul quale siamo chiamati di nuovo a riflettere ascoltando queste parole di Gesù. E non dovremmo accantonarlo o rimuoverlo dalla nostra coscienza con leggerezza.
Tuttavia, le parole che Gesù rivolge al ricco mirano più a fondo ancora, ci dicono anche dell’altro. E ce ne rendiamo conto se vediamo l’effetto che esse provocano. Quel tale se ne va via! E se ne va perché Gesù gli ha presentato una esigenza inaccettabile, di una difficoltà tale e di una durezza tale, che richiede una perfezione impossibile da raggiungere. A queste condizioni, no, Gesù, il prezzo è troppo alto. Tu mi chiedi la perfezione, ma questo è disumano.
E in un certo senso è vero: quello che Gesù chiede è impossibile, la sua risposta alla domanda del ricco indica nella direzione di una perfezione impossibile da raggiungere. Anzi, è proprio questo ciò che Gesù vuole far capire al ricco… e vuole far capire anche a noi. Che esiste una sola e unica perfezione, che consiste nel rinunciare a voler essere perfetti. L’unica perfezione è quella dell’umiltà e dell’amore.
Ora dobbiamo però fare un passo avanti. Quando Gesù dice al ricco “dai tutto quello che hai ai poveri”, non gli sta prescrivendo un comandamento impossibile, ma gli sta dicendo di rinunciare a voler vivere una vita conforme alla morale e alla religione. In effetti se il ricco rinunciasse a tutti i suoi beni non potrebbe più far fronte alle regole della morale e della religione e ai comandamenti della legge. Occorre del denaro per onorare i propri genitori (sostenendo le spese della loro vecchiaia), occorre del denaro per evitare di cercare di imbrogliare qualcuno, per evitare di dover rubare, e forse per non commettere qualche atto criminale più grave; e infine occorre denaro per adorare Dio, e pagare ai venditori che stanno nel cortile del tempio gli animali da sacrificare.
Gesù domanda a quell’uomo di accettare il fatto che non sarà mai perfetto. E se quell’uomo rifiuta e se ne va, non è per avarizia, ma perché non vuole rinunciare a continuare a osservare la legge. Non vuole rinunciare all’idea di essere un uomo in regola con sé stesso, con la società e con le sue regole, vuole sentirsi a posto, assicurato. E rifiuta di credere che l’unica sicurezza consiste nell’abbandonare ogni sicurezza, che la vera sicurezza e tranquillità non è quella che egli cerca di fabbricare con le proprie mani, ma è quella che Dio offre gratuitamente a chi lo accoglie.
Qual è, dunque, la proposta di Gesù a tutti i ricchi, a tutti quelli che sono oppressi, tormentati, angosciati dal desiderio di far riuscire a tutti i costi la propria vita, tormentati forse segretamente dall’ombra della morte, del limite estremo dell’esistenza umana?
– seguirlo e servirlo sapendo di esserne indegni; seguirlo e servirlo come dei mendicanti, che non hanno nulla da offrire, ma molto da ricevere
– agire e testimoniare per il suo progetto, per la giustizia e per la riconciliazione, sapendo di essere ingiusti, inadatti a questo compito e screditati prima ancora di cominciare
– accogliere ogni mattino come un giorno ancora sconosciuto, nel corso del quale c’è da aspettarsi di dover compiere qualcosa di imprevisto, e ciò nella povertà, nell’incompetenza e dovendo ricorrere all’improvvisazione.
Nel momento in cui smettiamo di affannarci per trovare meriti e giustificazioni, noi scopriamo di essere giustificati, per la sola grazia di Dio.
Pastore Paolo Tognina