Manna e miele, ferro e fuoco – Giuseppina Torregrossa

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Questo l’ho letto tanto tempo fa ma mi è rimasto addosso…
Romilda, capace d’instaurare un dialogo speciale con cose e persone, incontrerà la violenza del ferro e la prepotenza del fuoco nella ricerca della sua libertà, in una Sicilia nobile e feroce. Poetica la minuziosa descrizione dell’antica arte di estrarre la manna dai frassini…

Romilda Gelardi viene alla luce in una notte di tormenta. Nel caldo della loro casa, Marica e Alfonso si illuminano davanti al miracolo di quella figlia femmina tanto desiderata, bella e polposa come una spiga di grano a giugno. Romilda si rivela subito una bambina speciale, capace di stabilire un dialogo istintivo con cose e persone. E suo padre Alfonso si rende conto che, di tutti i figli, forse solo Romilda ha le capacità per ereditare i segreti del suo mestiere. Sì, perché Alfonso è un mannaluoro: uno dei pochissimi depositari dell’arte di estrarre dai frassini la manna, sostanza dalle miracolose virtù nutritive e curative. Romilda cresce così tra gli insegnamenti della madre, e quelli del padre. Ma Romilda è destinata a incontrare presto la violenza del ferro e la prepotenza del fuoco: don Francesco, barone di Ventimiglia, la chiede in sposa ancora bambina. Seguire don Francesco significherà lasciare il bosco, conoscere le durezze di una vita più agiata ma profondamente inautentica – in cui anche l’esperienza della maternità può finire per espropriare una donna di se stessa. Giuseppina Torregrossa torna ai temi che le sono visceralmente cari: la sua terra e la femminilità. Una Sicilia nobile é feroce, terra di pazzi e sognatori, di aranceti e solfatare, è il palcoscenico sul quale si muovono personaggi memorabili, sul quale grandezza e miseria delle umane passioni prendono vita nel canto di una donna alla ricerca della propria libertà.


di Emilia / pagina fb