Anche quest’anno Il Bernina ha selezionato e intervistato alcuni personaggi valposchiavini che si sono distinti nel corso del 2017.
Marco Lavizzari, nato nel 1955, vive a San Carlo ed è sposato con sei figli e nove nipoti. All’età di 40 anni ha perso la vista a causa del glaucoma. Da anni è attivo in varie località della Svizzera italiana in progetti di sensibilizzazione sulla tematica dei ciechi, ha avviato un’attività nella riparazione di sedie di cannetta viennese ed è rappresentante dei prodotti per la cosmesi e la pulizia della casa “Blidor”. Lo scorso autunno è stato protagonista di una serie di eventi culturali al buio promossa dalla Pgi Valposchiavo.
Per Marco non è però stato facile ritrovare il percorso su cui indirizzare la nuova vita. L’unico faro di luce in questo tunnel buio è stata la moglie… e la fede. I figli più grandi capivano che il loro papà non avrebbe più acquistato la vista, mentre quelli più piccoli facevano più fatica a prendere atto della nuova situazione e gli chiedevano ogni giorno quando avrebbe ricominciato a vedere. La sua risposta era sempre la stessa: “Forse domani vedrò”.
“La decisione di principio di dire sì alla vita, nonostante l’handicap, è però la condizione essenziale per dare un senso alla vita futura”, racconta Marco. “A volte ho avuto dei momenti bui. Ero inerme, dipendente, distrutto. Nella maggior parte dei casi ci vogliono molti anni prima che un colpo del destino di questo tipo possa essere in un certo modo elaborato e l’handicap accettato. È stata mia moglie, con i figli e l’UNITAS a darmi quell’incondizionato appoggio che mi ha permesso di trovare le motivazioni per condurre la difficilissima lotta che mi aspettava. La vicinanza della famiglia mi infonde tuttora fiducia e alimenta la fede in una vita che continua, nonostante tutto”.
E poi aggiunge: “Il messaggio che voglio far passare è che noi ciechi non siamo differenti: come qualsiasi persona abbiamo le nostre esigenze e i nostri problemi, ma anche molte soddisfazioni e piaceri. Credo che tutto ciò che succede debba, prima o poi, avere un senso”.
Marco, ci puoi fare un bilancio del tuo 2017?
Nei mesi di gennaio e febbraio sono stato alle settimane bianche con gli allievi delle elementari, delle medie e dei licei, per insegnare che avere un’handicap non significa arrendersi. Cosa voglio dire ai ragazzi? Abbiate un obiettivo, perché vi darà la carica. Non arrendetevi mai, non lamentatevi, ma abbiate pazienza e accettate le sfide, adattando di conseguenza la vostra vita. Le occasioni per far passare il messaggio, durante la lezione di fondo e con le escursioni con le ciaspole, non sono mancate. Per gli allievi è stato educativo vivere alcuni giorni con una persona con handicap e vedere che non si lamenta della propria condizione, ma reagisce. È qualcosa che porteranno dentro per il resto della vita.
Trascorso il periodo invernale varie sedi scolastiche, operatori sociosanitari, “GastroTicino”, albergatori e altri gruppi mi hanno invitato a portare la mia esperienza di vita e a insegnare come comportarsi quando si incontra una persona cieca. Assieme a questi gruppi abbiamo scoperto quali sono e come funzionano le tecnologie e gli strumenti moderni che aiutano le persone cieche e ipovedenti nella vita quotidiana. Si tratta di un percorso didattico affascinante, tra tecnologia e apprendimento, per scoprire come le innovazioni possano migliorare la nostra qualità di vita. Ho notato che è molto utile far conoscere questa diversa realtà e far vedere il mondo e i problemi quotidiani con altri occhi. Ed è anche un buon metodo per riflettere sui valori della vita e allo stesso tempo imparare ad usare gli altri sensi, tranne la vista.
Nei mesi estivi, con mia moglie Maria, i figli e i nipotini abbiamo fatto delle escursioni in montagna. Nella vita come nello sport non ci devono essere barriere e quindi anche chi ha un handicap può, con l’opportuna preparazione, fare dell’escursionismo, delle gite in bicicletta (tandem) o praticare lo sci di fondo. Le gite in montagna quest’estate sono state piacevoli e distensive, anche se la montagna nasconde delle insidie che bisogna conoscere e prevedere.
Nel praticare gli sport c’è la fatica, ma quello che viene dopo, quando arrivi a destinazione, ti ripaga con gli interessi. L’entusiasmo è la ricetta del successo. Entusiasmo e tanta amicizia che lega gli uni agli altri fino a fare dell’escursionista cieco e della sua guida un binomio inscindibile, non solo nel campo prettamente tecnico, ma soprattutto sul piano umano. La guida impara a capire l’amico cieco e viceversa. E tra i due si instaura un reciproco rapporto di fiducia e di amicizia. Quando la guida deve spiegare, la descrizione si arricchisce di dettagli che altrimenti rischierebbero di sfuggire. Tra di loro nasce un’amicizia che oltrepassa la semplice relazione funzionale, necessaria all’escursione.
Quali sono i tuoi propositi per il 2018?
I miei propositi per il 2018 sono identici a quelli del 2017, cioè poter continuare a sensibilizzare la gente, fare ancora più escursioni in montagna d’estate, ma anche d’inverno con le ciaspole. E poi praticare lo sci di fondo e andare in bicicletta con il tandem.
Ti ritrovi nella definizione di “Persona più ottimista del 2017”?
Sì. E in questo senso desidero aggiungere che è meglio accendere un lume che maledire l’oscurità. Perché dico questo? Perché quando ci troviamo in difficoltà di qualsiasi genere, un problema o una malattia, di solito ci lasciamo subito prendere dallo sconforto, ci arrendiamo. Invece dobbiamo sempre lasciare aperto uno spiraglio di “Luce”, perché fin quando c’è vita c’è speranza in tutto.
“Non si vede bene che con il cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi” (Antoine de Saint-Exupéry)
A cura di Achille Pola