Sempre più giovani valposchiavini che hanno studiato fuori valle decidono di riportare nel luogo natio le abilità acquisite negli anni della formazione. Il caso di Elisa Bontognali, che di recente ha ottenuto un Bachelor in Enologia, ci parla invece di una scelta un po’ differente, ma sempre orientata, nel prossimo futuro, ad acquisire conoscenze ed esperienze da riportare in Valposchiavo. Il Bernina vi presenta la giovane enologa con una piccola introduzione e un’intervista dedicata. [Intervista realizzata nel mese di gennaio]
Elisa Bontognali, classe 1991, nata e cresciuta a Poschiavo, si sposta per il liceo a Samedan dove frequenta l’Accademia Engiadina. Successivamente, i suoi studi la portano a Friburgo, dove ottiene un Bachelor in Scienze della Comunicazione e Antropologia; a conclusione di questa fase di studi la sua passione per il giornalismo la vede passare attraverso stage e collaborazioni proprio presso la nostra testata: Il Bernina. Nel frattempo lavora anche nel marketing della Ferrovia Retica per circa un anno, rendendosi però conto che questa occupazione non sarà la sua strada. Incuriosita dal mondo vitivinicolo e stimolata da parenti e amici, cerca la possibilità di fare dei corsi in questo campo e trova la scuola di Changins, nel Canton Vaud, che offre la possibilità di ottenere un Bachelor anche senza aver prima seguito un apprendistato. Si immerge quindi in questa nuova avventura lavorando inizialmente per 6 mesi presso un’azienda in Valtellina e per altri 6 mesi nei vigneti a La Côte sul lago Lemano (a metà strada tra Ginevra e Losanna). Dopo tre anni di scuola teorica a Nyon, con vari periodi di pratica, sul finire dell’estate 2019 ottiene il titolo di Enologa. Di recente ha concluso un’esperienza di 4 mesi presso un’azienda vitivinicola in Toscana. Il prossimo futuro la vedrà a Sargans, comune a circa 20 minuti da Coira, ma già nel Cantone San Gallo, dove ha accettato un incarico biennale presso una piccola azienda vitivinicola.
Elisa, spiegaci di cosa ti occupi, per esempio quali saranno le tue mansioni a Sargans?
Da febbraio mi occuperò della produzione del vino a 360° gradi. Spero che sarò all’altezza di proporre delle soluzioni e, se necessario, dei cambiamenti per migliorare e centrare gli obiettivi ai quali l’azienda mira per i prossimi anni. Mi occuperò, assieme al proprietario, della potatura, della gestione delle piante lungo tutto il ciclo vegetativo, della vendemmia, della vinificazione, degli event ecc. ecc. E’ un lavoro molto variegato, che racchiude un mondo di piccole e grandi occupazioni.
Attraverso le tue esperienze fin qui, come gestirai tutte queste incombenze?
Nella vitivinicoltura non sei tu a dettare i tempi, ma piuttosto devi adeguarti ai ritmi della natura. Per me, che sono una che vuole fare sempre tutto a cento all’ora e spesso quattro cose alla volta invece che una, è sempre un bel banco di prova. Rallentare, adeguarmi a qualcosa che non dipende da me, oltre ad instradarmi e a farmi seguire dai ritmi diversi dal consueto è molto arricchente e terapeutico a livello personale. Crescendo si matura (come l’uva); riuscendo oggi a capirmi di più che nel passato, mi rendo conto che spesso ho questa frenesia nel fare le cose; mi piacerebbe imparare a rallentare. Questo lavoro mi sta dando la possibilità di farlo, obbligandomi a instaurare un ritmo più naturale.
Dove è nata questa passione per il mondo vinicolo?
Mio padre ha un bel vigneto in località Sella vicino a Teglio, io ho imparato negli anni a conoscerlo e ad apprezzarlo, frequentandolo soprattutto nei periodi di vacanza da scuola o dal lavoro. Nella mia immaginazione, l’attività in vigna è sempre stata legata a periodi felici, di festa, legati ad emozioni ed energie positive. Credo sia proprio questo il motivo che mi ha fatto appassionare così tanto fino a spingermi a studiare e lavorare in questo mondo. Oggi sono molto felice del percorso che ho intrapreso, ho la certezza intrinseca di aver fatto la scelta giusta per me. Prima pensavo che questa mia passione si sarebbe coniugata in modo perfetto come attività secondaria ad un lavoro principale come quello della giornalista; ora credo sia più giusto e semplice che accada il contrario.
Che tipo di mondo è quello dei vitivinicoltori?
La prima parola che mi viene in mente per descrivere questo mondo è: “leale”.
Tralasciando i grandi colossi, a livello piccolo/medio è rimasto un mondo che conserva molta lealtà, un mondo contadino, genuino, che ha un cerchio produttivo che si chiude e dal quale non si scappa. Certo, le eccezioni ci sono sempre, ma il requisito fondamentale resta quello di essere un bravo viticoltore. Nonostante la tantissima scienza che può essere impiegata in cantina (i francesi eccellono in questo) per esaltare la produzione, la qualità dell’uva resta la base di tutto, il frutto delle tue scelte e delle tue fatiche. Forse sono ancora un po’ ingenua e tra qualche anno potrò dire che mi sono sbagliata, ma trovo che fare il produttore di vini sia uno dei lavori ancora molto umani.
Cosa consiglieresti ai giovani valposchiavini che vogliono avvicinarsi al mondo della vigna e vorrebbero farne un mestiere?
La Valposchiavo è molto affine a questa realtà, a questo campo, e i giovani interessati dovrebbero assolutamente approfittarne. La vicina Valtellina è un territorio fortunato per i produttori di vini, in virtù del fatto di essere in una zona climatica più fresca rispetto ad altre regioni. Purtroppo, se paragonata ad altre zone, la Valtellina non ha lavorato benissimo sul suo patrimonio vitivinicolo. Questo è un peccato, ma anche una grossa opportunità per i giovani che si avvicinano oggi a questo mestiere: c’è tantissimo da fare. Io credo che il potenziale da sfruttare sia enorme.
Un detto del settore è: “Col vino diventa milionario solo chi comincia da miliardario”. Questa professione oggi è certamente una sfida, ma la soddisfazione sta nel poter creare qualcosa di bello, che ha un messaggio, che racconta qualcosa di te. Un prodotto con il quale la gente passa una bella serata insieme, una sorta di viaggio, ogni volta diverso, qualche volta indimenticabile.
Conosci molti ragazzi delle nostre parti che si avvicinano al mondo del vino?
Che io sappia, purtroppo sono molto pochi i giovani dalle nostre parti interessati alla viticoltura; mi rendo conto che, a una certa età, piuttosto che al vino si è più interessati a bevande come la birra, ma non fatevi ingannare, l’enologia non è solo per chi apprezza il vino, non si riduce alla semplice degustazione di rossi e bianchi. Prima di tutto è un lavoro all’aria aperta, a diretto contatto con la natura e con un prodotto nato dalla terra. A parte questo, ci si può specializzare in una miriade di sfaccettature del settore non per forza legate alla degustazione: da quella scientifica a quella tecnica coi macchinari, dal marketing alla vendita, ecc. ecc. È un lavoro molto moderno, ma con radici (per fortuna) profondissime.
Tu hai sempre apprezzato il bicchiere di vino piuttosto che altri alcolici?
Assolutamente no, io sono l’esempio vivente che non serve essere sommelier per fare questo mestiere. Il piacere del vino l’ho conosciuto frequentando la scuola a Nyon, a 24 anni; prima lo apprezzavo, ma senza vederci tutto quello che posso vederci ora. Anche l’età in cui ho cominciato mi fa esempio vivente che questo è un mestiere che possono iniziare tutti, non solo i più giovani.
Tanti stage proposti dalla tua scuola sono nell’emisfero sud (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa): come mai tu hai scelto la Toscana e ora la Svizzera?
Io, personalmente, ho fatto un anno dopo il liceo in quei luoghi ed ho già un’età diversa rispetto a tanti compagni. Credo che l’emisfero sud sia un’esperienza fantastica, ma a livello sociale e personale. Ad oggi preferisco conoscere i suoli delle nostre zone e dedicarmi professionalmente ai vitigni europei. Da qui l’esperienza in Toscana.
Magari, nel futuro hai in mente qualche altra esperienza estera: la Valposchiavo/Valtellina non rientra nei tuoi piani?
Ora come ore voglio stare qualche anno in Svizzera, poi vorrei saperne di più riguardo al nebbiolo e in particolare alla zona vinicola del Piemonte. A lungo termine mi vedo in Valposchiavo/Valtellina, ho dei sogni, ma vorrei accumulare esperienze prima di tornare definitivamente e cercare di realizzarli. Vedo nel nebbiolo valtellinese un potenziale enorme, ma vi svelo solo questo.
Il tuo vitigno preferito?
Sicuramente mi piacciono i vitigni che danno vini più schietti con spigoli e angoli. Dopo 4 mesi di sangiovese in Toscana non posso non dire quello, ma aggiungo anche il nebbiolo. Due caratteri profondi, che ti accompagnano a lungo, con una bella acidità che ti mantiene vivo e un frutto presente, ma non ridondante né banale. Non mi piace usare il termine “terroir”, ma trovo che questi due vitigni riportino alla terra, questo sì.
La fase della produzione del vino che ti piace di più?
Il periodo che mi piace di più è la potatura, che inizia dopo il gelo invernale e non ha fretta, c’è molta riflessione e si può rallentare, visto che quando inizia a esplodere la pianta dopo è tutto di corsa. Potare mi costringe un po’ a frenare. Amo farlo coi primi soli di primavera, rientrare con le guance ancora rubizze per il freddo…
Oltre al vino e al giornalismo quali sono i tuoi altri interessi?
Mi piace molto la montagna e gli sport ad essa legati, particolarmente la corsa: basta mettere un paio di scarpe e andare, non hai altri ostacoli. Mi diverte cucinare, adoro mangiare e andare a cercare funghi. Mi piace e mi piacerebbe leggere di più, soprattutto i gialli. Stare all’aria aperta: faccio veramente molta fatica a stare in casa sul divano, ci sto bene solo quando rientro da una giornata fuori. Mi piace scrivere, anche se lo sto facendo meno, ma non ho mai avuto timore del foglio bianco. E, se non si era capito, mi piace parlare e ascoltare chi ha qualcosa da dirmi…
A cura di Ivan Falcinella
la mia famiglia aveva una vigna sopra Tirano. Si chiamava Mazzacavallo. In autunno a scuola le vacanze autunnali duravano tre giorni, quelli della vendemmia. Erano i tre giorni più belli dell’anno.
Grazie Elisa, mi hai riportato indietro nel tempo. Con simpatia Nando Nussio.