Premessa
Vivo questa valle da generazioni e ne conosco storia, fragilità e forza. Ho visto e vissuto gli eventi naturali che l’hanno segnata, e ho assistito con i miei occhi ai cambiamenti che l’hanno resa più sicura, in particolare dopo la costruzione del vallo che ha protetto la Val dal Cogn dagli storici fenomeni di esondazione.
Oggi, davanti alla costruzione del cosiddetto “muro delle meraviglie”, ho sentito il dovere morale di esprimere una riflessione pubblica. L’ho fatto e lo faccio con rispetto, ma con la convinzione che tutelare un territorio significhi anche ascoltarlo e comprenderlo .
Alla Ferrovia Retica, alle autorità competenti e alla popolazione
Desidero innanzitutto ringraziare la Ferrovia Retica per la presa di posizione ufficiale riguardo alla costruzione del cosiddetto “muro delle meraviglie”. Era un chiarimento necessario e apprezzato. Tuttavia, le spiegazioni fornite non risultano pienamente convincenti.
Un’opera sproporzionata rispetto alla realtà del luogo
La costruzione prevista appare eccessiva, soprattutto considerando che a monte esiste già un vallo che, fortunatamente, ha sempre svolto la sua funzione. Prima della sua realizzazione, la Val dal Cogn ha conosciuto vari episodi di straripamento: il più grave agli inizi del Novecento, quando un mio antenato fu costretto a fuggire dalla finestra per salvarsi, episodio che portò alla costruzione della Santela di Spinadascio.
Anch’io ho assistito personalmente a due piene, alla fine degli anni ’50 e negli anni ’60. Da allora, grazie al vallo, la situazione si è stabilizzata. Questo rende difficile comprendere la necessità di un’opera così massiccia oggi.
In caso di piena eccezionale, l’acqua sfogherebbe comunque nel tratto tra il vallo e la Calcherà, Casa Zanetti— zona oggi trascurata — e soprattutto all’altezza del ponticello della Via dei Crott. I terreni agricoli, quindi, non verrebbero realmente protetti. Sarebbe invece più utile intervenire sul fosso che convoglia l’acqua verso il fiume dopo il ponte stradale e ferroviario.
Progettare significa ascoltare il territorio
La struttura, alta e in calcestruzzo, non favorisce il naturale deflusso dell’acqua e rappresenta un corpo estraneo nel paesaggio. Sembra un progetto elaborato a tavolino, senza un reale confronto con la memoria idrogeologica e culturale del luogo.
La popolazione si aspetta dai progettisti non solo competenze tecniche — che riconosciamo e apprezziamo — ma anche consapevolezza, sensibilità storica e rispetto della specificità territoriale. La tecnica è fondamentale, ma non può sostituire l’ascolto di chi vive e custodisce questi luoghi da generazioni.
A questo si aggiunge un fatto poco noto ma significativo: la nuova struttura impedisce la risalita delle trote, interrompendo un ciclo naturale che caratterizza da sempre il torrente e la sua fauna. È un impatto ecologico che non può essere sottovalutato.
Ho letto che si stanno cercando soluzioni per lenire l’impatto ambientale. Permettetemi di offrire alcune proposte semplici ma costruttive:
abbassare il muro, conferendogli una forma più armoniosa, a onda;
mascherarlo con siepi lungo il lato sud e a nord lungo la strada di Spinadascio.
Interventi minimi, dal costo contenuto, che lascerebbero alla natura il compito di armonizzare l’opera con il paesaggio.
Non dimentichiamo i pedoni
Sul fronte della mobilità pedonale, sembra che il marciapiede verrà ristretto. Sarebbe un vero peccato sacrificare la sicurezza dei pedoni. L’argomento della “scarsa utenza” non può giustificare una riduzione della qualità del percorso, né si può pretendere che i residenti allunghino il cammino passando per la Via dei Crott.
Inoltre, chiedo che si intervenga tempestivamente per eliminare le pozzanghere che si formano in alcuni punti, senza rimandare a tempi indefiniti.
Questa sarà la mia ultima parola sulla questione.
Confido che, a buon intenditor, poche parole !
Riccardo Lardi