Per i nuovi frontalieri (chi ha iniziato a lavorare in Svizzera dal 1° gennaio 2024) il metodo di tassazione è diventato doppio, si pagano le tasse sia in Italia che in Svizzera, in diverse percentuali. Tutto questo, insieme a una legislazione piuttosto difficile da interpretare, ha contribuito a creare un clima per cui, chi vuole diventare frontaliere, si interroga sul fatto se valga ancora la pena o meno imbarcarsi in questa avventura lavorativa pendolare o conviene a questo punto prendere la residenza in Svizzera. Il Bernina, con una serie di articoli e interviste sul tema, vorrebbe fare un po’ di luce su questo argomento, in particolar modo sulla situazione frontalieri nelle varie aziende della Valposchiavo.
Il primo contributo, che spiega molto bene la situazione dei frontalieri negli alberghi e ci permetterà di ampliare il discorso, è stato realizzato grazie all’aiuto di Flavio Lardi, albergatore a Le Prese e presidente di Hotelleriesuisse Valposchiavo.
Flavio, innanzitutto grazie per esserti prestato a questa intervista/dossier, ci siamo rivolti a te perché ti sappiamo ferrato sull’argomento. Tu come la vedi questa nuova doppia tassazione?
Non sono né un esperto fiscale né un economista, ma da oltre vent’anni gestisco insieme alla mia famiglia un hotel in Valposchiavo. Con decine di collaboratori frontalieri e un contatto quotidiano con la realtà del nostro settore, posso dire che molte delle preoccupazioni oggi diffuse – soprattutto dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo sulla doppia imposizione tra Italia e Svizzera – meritano attenzione, ma anche un po’ di prospettiva. Per rispondere a queste domande mi sono poi documentato studiando diversi dati sui salari e sui cambi, in calce a questa intervista trovate la nota metodologica.
Vecchi e nuovi frontalieri, due mondi diversi?
Prima di entrare nei dettagli, va fatta una distinzione netta: i vecchi frontalieri – cioè, coloro che hanno lavorato in Svizzera fino al 31 dicembre 2023 – hanno vissuto anni speciali e particolarmente favorevoli. Sanno bene cosa hanno significato gli stipendi svizzeri, costantemente in crescita, un cambio euro/franco spesso vantaggioso e la possibilità di costruirsi un secondo, e in molti casi anche un terzo, pilastro previdenziale.
A loro va un ringraziamento sincero per il lavoro svolto con dedizione: la loro presenza è stata e rimane un enorme valore aggiunto per il nostro settore turistico. Grazie a loro, i clienti che arrivano in Valposchiavo si sentono “a casa”, trovando spesso personale con cui è facile comunicare e che condivide mentalità e modi di fare.
Con i nuovi frontalieri, cioè chi ha iniziato a lavorare in Svizzera dal 1° gennaio 2024, la situazione è diversa: per loro si applica il nuovo regime di doppia imposizione. Tuttavia, anche per i nuovi arrivati le prospettive restano interessanti, grazie agli aumenti salariali regolari, alla forza storica del franco svizzero – che pur penalizzando noi datori di lavoro sul lato della competitività dei prezzi, rappresenta un vantaggio diretto in busta paga – e alla solidità e qualità delle condizioni di lavoro in Svizzera.
Numeri alla mano, cosa cambia davvero lavorare nel settore alberghiero svizzero invece che in quello italiano?
Secondo i dati di Hotel & Gastro Union e della Banca Nazionale Svizzera, dal 2018 i salari nel settore alberghiero svizzero sono aumentati di circa il 18%, e nello stesso periodo il cambio euro/franco è migliorato di un altro 26%. Questo non si somma semplicemente, perché il cambio più favorevole si applica su stipendi già più alti: in pratica significa quasi +50% di potere d’acquisto in sei anni.
In Italia, invece, i salari dell’ospitalità sono saliti solo del 6–8%, spesso meno dell’inflazione.
E guardando indietro fino al 2008?
Se prendiamo un periodo più lungo, dal 2008 ad oggi i salari svizzeri sono cresciuti di circa il 40% e il cambio euro/franco è passato da 1.65 a 0.95, migliorando il potere d’acquisto di oltre il 70%. In altre parole, lavorare in Svizzera oggi vale molto di più di 15 anni fa, anche prima di entrare nel tema della tassazione.
Chi ha deciso la nuova tassazione e chi ci guadagna?
Il nuovo sistema è frutto di un accordo bilaterale tra Italia e Svizzera, firmato nel 2020 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2024. L’Italia aumenta la propria quota di imposta, mentre la Svizzera mantiene una ritenuta alla fonte. A guadagnarci è soprattutto l’Italia (maggiori entrate fiscali) e, in misura minore, la Svizzera. A perderci sono i nuovi frontalieri, specialmente quelli con redditi medio-alti. Se il prelievo diventa troppo pesante, alcuni potrebbero trasferire la residenza in Svizzera – e allora l’intero gettito resterebbe nelle casse elvetiche.
Cosa fanno i datori di lavoro per affrontare il problema?
Attualmente, per i datori di lavoro, la situazione si traduce soprattutto in burocrazia. Invece associazioni di categoria come Hotelleriesuisse e GastroSuisse lavorano dietro alle quinte, sensibilizzano le autorità e promuovono condizioni di lavoro attrattive. Hanno anche un ruolo fondamentale nei tavoli di negoziazione per definire contratti collettivi, salari minimi e nuove esigenze del settore.
Basta pensare al periodo del Covid: nel 2020 e 2021, grazie anche alla loro azione, abbiamo potuto continuare a lavorare evitando di essere soffocati da chiusure e burocrazia.
Queste stesse associazioni, insieme ai sindacati e ai governi, sono oggi parte attiva nel discutere possibili soluzioni e sviluppi transfrontalieri per mitigare gli effetti della doppia imposizione. Senza questa collaborazione, saremmo in balia di decisioni prese lontano dal territorio e dalle sue esigenze reali.
La doppia imposizione colpisce tutti allo stesso modo?
No. Ogni caso è diverso e non esistono ancora calcoli univoci: a quasi due anni dall’entrata in vigore, ogni commercialista gestisce la pratica in modo differente e personalmente non ho ancora visto due conteggi uguali. Sicuramente chi ci rimette di più è chi ha spese più alte legate al lavoro, come affitti elevati fuori casa, costi di trasporto e spese di vita maggiori. Un esempio tipico è chi lavora in Engadina: non perché venga tassato di più, ma perché il costo complessivo della vita e del pendolarismo dettato dalla distanza riduce notevolmente l’attrattiva economica di essere un frontaliere in quelle zone. In questi casi i salari dovrebbero essere più alti per restare competitivi. Non a caso, alcuni valutano il trasferimento della residenza in Svizzera.
E in Valposchiavo?
Qui la situazione è più favorevole: il pendolarismo quotidiano senza costi extra per alloggio o lunghi spostamenti è la norma. In media, chi lavora in Valposchiavo può ridurre le spese mensili notevolmente rispetto a un collega che lavora in Engadina e deve pagare un affitto. Questo margine economico permette di assorbire meglio eventuali aumenti fiscali. Inoltre, la vicinanza al confine consente maggiore flessibilità negli orari, meno stress da viaggio e più tempo libero, un vantaggio che difficilmente si misura non solo in soldi a fine mese, ma incide molto nella qualità di vita.
Quindi le condizioni di lavoro contano?
In Svizzera sono d’obbligo le settimane lavorative di 5 giorni, con vacanze, orari regolamentati e pause definite. In molte zone stagionali oltreconfine, specialmente nel settore ricettivo, invece, il 6 su 7 e le giornate di 12 ore non sono rare. Questo incide fortemente sulla qualità della vita e sul tempo libero – e deve entrare in ogni valutazione a fine mese. Questo punto favorevole ci contraddistingue ancora fortemente rispetto alla concorrenza italiana e ad altri mercati del lavoro.
Uno sguardo al futuro?
Il mercato del lavoro cambia continuamente. Tanto dipende poi anche dallo sviluppo economico in Italia: sicuramente le Olimpiadi daranno un incentivo in questo senso, però è difficile pensare a un ribaltamento totale della situazione.
Dalla parte svizzera, l’attrattiva – stabilità, trasparenza, contratti collettivi – resta forte. La storica forza del franco svizzero è stata e rimane un vantaggio per i frontalieri. Sicuramente qualcuno deciderà di rimanere in Italia, ma pian piano si inizia anche a valutare di trasferirsi con il domicilio in Svizzera – una scelta che porterebbe benefici anche alla nostra economia.
Nota metodologica
• Dati salariali svizzeri: Ufficio federale di statistica (UST), Hotel & Gastro Union.
• Dati cambio euro/franco: Banca nazionale svizzera (BNS).
• Dati salariali italiani: ISTAT, Ministero del Lavoro, Unioncamere.
• Valori medi, senza dettagli contrattuali individuali.
• Calcolo potere d’acquisto in euro, considerando solo il tasso di cambio.
 
        
     
    
 
                
                     
            
            
            
            
            
            
             
            
            
            
            
            
            
             
                
                     
                
                    