Dopo aver esplorato il romanzo storico con le opere “Terra bruciata” e “Domenica Matta” (Gabriele Capelli editore), Gerry Mottis si propone oggi in una nuova veste: abbandona la narrativa basata sui verbali stregoneschi per restituire integralmente la voce dei documenti storici.
Il suo nuovo libro - intitolato “Barbara Fontana, la strega” (Fontana edizioni, Lugano 2025 - è difatti una monografia storica, un saggio rigoroso, basato su una personale e puntigliosa ricerca su 58 pagine di atti processuali originali conservati nell’Archivio di Stato a Bellinzona, risalenti al 1615-1616, che ricostruiscono in modo dettagliato uno dei processi più emblematici per stregoneria documentati nel Mendrisiotto.
Sapientemente illustrato in maniera realistico-drammatica dallo stesso autore (che si è avvalso di strumenti IA), il volume analizza la figura della presunta strega Barbara Fontana (accusata di malefici contro animali e persone, di preveggenza e metamorfosi), rilevando come la sua “cattiva fama” bastò ad avviare un processo in cui 17 testimoni, quasi tutti senza prove, contribuirono a costruire un’accusa infondata ma implacabile, depositata al landfogto di Mendrisio.
Eppure, ciò che emerge dalle analisi di Mottis è la figura di una donna straordinariamente lucida, determinata e forte, che non volle cedere alle confessioni nemmeno sotto tortura. La sua fermezza (“Io non so fare malefici”) la rende un simbolo di resistenza femminile, di fronte a un sistema giudiziario che non cercava la verità, ma controllo, sottomissione e obbedienza.
Con uno stile preciso e rispettoso delle fonti, Mottis ha compiuto un lavoro di archeologia documentaria, cercando pur tuttavia di favorire anche una certa dimensione narrativa e realistica. Il risultato è un testo che interroga il presente: sulla costruzione della colpa, sul potere delle parole, e sulla memoria delle donne vittime del nostro passato. Un libro necessario, dunque, per portare ulteriore luce in un periodo buio ma sorprendentemente attuale. In tutte le librerie da subito.