Chiara Balsarini: recitare, che passione!

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Il 25 febbraio, nell’ambito del Premio grigionese per la cultura, è stato conferito un riconoscimento di incoraggiamento all’attrice e regista valposchiavina Chiara Balsarini. L’abbiamo intervistata anche per conoscere un po’ meglio il suo lavoro in questo periodo così particolare.

Foto di Serena Visentin

Complimenti per il premio di incoraggiamento ottenuto, Chiara. Questo traguardo cosa rappresenta per te?
È un incentivo, innanzitutto per me stessa, a riconoscere e dare il giusto valore al lavoro che svolgo, a crederci e a continuare.
Se mi è stato assegnato questo premio è anche perché con il sostegno del Cantone, dei comuni di Brusio e Poschiavo, di fondazioni e privati ho potuto avviare l’attività teatrale con la compagnia inauDita. Le collaborazioni con la Pro Grigioni Italiano, con Casa Besta, con scuole e biblioteche sono anche state un aiuto fondamentale alla partenza del mio lavoro con il teatro. Un percorso che coltivo fiduciosa grazie all’incontro prezioso con i miei maestri, che mi hanno insegnato molto e dai quali continuo ad imparare, all’amicizia e lavoro con Begoña Feijoó Fariña, che con me condivide il cammino avventuroso della compagnia inauDita, agli amici e al pubblico che ci seguono, e al sostegno della mia famiglia.

Quando e come è nata in te la passione per il teatro?
Giocando! Da bambina quelli che preferivo erano i giochi di ruolo, i travestimenti, le piccole messe in scena. Amavo le storie, farmele raccontare, leggere. Mi perdevo per delle ore a fantasticare e immaginare vicende. Adoravo andare al circo e agli spettacoli della Filodrammatica di Brusio…aspettavo con un’impazienza inimmaginabile questi momenti. Le recite scolastiche e il laboratorio del “teatro del Cioccolatino” sono stati un detonatore per la mia passione.

Quali sono i lavori teatrali che ti hanno dato di più?
Certamente i momenti di lavoro intenso! Nei momenti dove si lavora per una, due o più settimane di seguito attorno a un tema, il bottino è ricco!
Ogni lavoro ha qualcosa di speciale e distintivo rispetto agli altri lavori. E ogni lavoro ha avuto il suo maestro, ho avuto la fortuna di incontrare delle persone meravigliose che mi hanno trasmesso, ognuna a modo suo, l’amore per questa forma di arte.
E poi c’è la valigia dell’attore, questa immagine ricorrente, che a ogni lavoro è più consunta e sfasciata, magari bisogna anche aggiustarla un pochino, ma è sempre più bello e interessante guardarci dentro.

Tu ti occupi di teatro come regista, attrice, insegnante e anche drammaturga. Oggi cosa ti senti maggiormente?
Recitare è la cosa che da sempre mi appassiona di più.
In questo momento amo particolarmente condurre laboratori con i ragazzi: con loro si condivide e si coltiva la passione per il teatro. Insegnare mi permette di imparare molto, di approfondire, allenare e studiare i meccanismi, le tecniche e i processi importanti per il mio lavoro di attrice.

Quali sono le difficoltà (e il valore aggiunto) di scegliere di operare in un contesto periferico come la Valposchiavo?
La distanza dai grandi centri limita la possibilità di seguire altre realtà, di scambio e di collaborazione con altre compagnie. Ma la familiarità del contesto della nostra regione, rende ogni incontro con chi viene da fuori unico e sincero.
La mancanza di un teatro, o di un centro culturale in Val Poschiavo, ostacola la realizzazione di alcuni tipi di progetto. Allo stesso tempo doverci adattare agli spazi a disposizione ci spinge a trovare e creare delle soluzioni alternative e gli spazi, che sono sempre molto caratteristici, in questo modo vengono valorizzati.
Proprio per questi motivi, mi ritengo fortunata a poter fare teatro sul nostro territorio, è importante che anche nelle regioni, e per le regioni periferiche ci sia attività culturale e artistica.

Tutto il comparto dello spettacolo soffre in modo particolare la situazione della pandemia. Come hai fatto a superare i mesi di chiusura?
Anche la mia attività è stata fortemente ridotta, in parte il Cantone ha compensato la perdita di guadagno e in parte mi sono occupata di altro. Poter fare altro è una lama a doppio taglio: permette di poter continuare ad essere indipendenti economicamente ma allo stesso tempo riduce la capacità di lavoro per il teatro. In questo periodo avrei potuto mettere a punto alcuni progetti, dovermi dedicare ad altro non l’ha reso possibile. Un’altra difficoltà con la quale ho dovuto fare i conti è quella di conciliare famiglia e lavoro lavorando da casa.
Il premio che mi è stato assegnato sarà un sostegno importante per ripartire dopo questo periodo di stasi. Che un’istituzione, in questo caso il Canton Grigioni, assegni dei premi di riconoscimento e incoraggiamento sottolinea l’importanza che arte e cultura continuano a svolgere all’interno della nostra società.

Pensi che una volta superata l’emergenza tutto tornerà come prima o il teatro dovrà cambiare?
Il teatro è specchio della società, la società sta cambiando e sicuramente il teatro rifletterà questo cambiamento approfondendone i vari aspetti e cercando anche nuove forme di espressione. Non cambierà la necessità di mettere in scena e veder rappresentata la nostra vita, raccontare ed ascoltare fa parte di noi esseri umani come mangiare e dormire.

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando attualmente?
Con la compagnia inauDita stiamo preparando un laboratorio teatrale estivo per bambini e ragazzi, che molto probabilmente si terrà a Brusio.
Appena possibile verranno proposte delle repliche dello spettacolo “Ursin” in Bregaglia, Mesolcina, a Sondrio e in Ticino.
E poi ci sono alcuni progetti per delle produzioni teatrali, storie che dormono sotto al cuscino e che attendono il momento giusto, e tempi migliori in termini di pandemia, per svegliarsi, sbocciare ed essere raccontate.


A cura di Maurizio Zucchi

Maurizio Zucchi
Membro della redazione

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